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FOCUS SULLE INTOLLERANZE

per chiarire un po' le idee

31/03/2025 -

Differenze tra intolleranza e allergia: come distinguerle

Sebbene i due termini vengano spesso usati indiscriminatamente, le intolleranze e le allergie alimentari sono disturbi ben distinti che si differenziano per i sintomi e per i meccanismi che li scatenano. Entrambe sono reazioni avverse che si manifestano dopo il consumo di alcuni alimenti ma, al contrario delle allergie, le intolleranze non hanno natura immunitaria (tranne il noto caso della malattia celiaca, che è un caso a sé) e si manifestano con sintomi per lo più gastrointestinali mentre nelle allergie anche minime esposizioni possono causare shock anafilattici.
Un individuo intollerante ha difficoltà a digerire alcuni alimenti o ad assorbire alcuni nutrienti per via di difetti enzimatici (come nel caso dell’intolleranza al lattosio) o dell'azione “farmacologica” di sostanze presenti negli alimenti (come l’istamina). Anche gli additivi, come i conservanti o gli esaltatori di sapidità, possono causare reazioni anormali nel nostro organismo; sebbene i meccanismi siano sconosciuti non ci sono prove che abbiano basi immunologiche. Le intolleranze non risultano dai test sulle allergie, anche se spesso sono accompagnate da sintomi simili.

Intolleranze alimentari più comuni

Sono poche le intolleranze ben studiate, per cui si conoscono i meccanismi che le scatenano e che possono essere diagnosticate attraverso test affidabili
Sono l’intolleranza al lattosio, al fruttosio e quella al glutine, mentre sono ancora oggetto di dibattito nonostante l’interesse crescente della ricerca: l’intolleranza ai FODMAP (carboidrati fermentabili a catena corta), l’intolleranza al lievito, la sensibilità al glutine non celiaca, la sindrome da allergia al nichel.
Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un aumento di casi di presunte intolleranze.
Si manifestano con sintomi generici come gonfiore, dolore addominale e diarrea, che potrebbero derivare da cattive abitudini alimentari o da altre condizioni, come la sindrome dell’intestino irritabile, e che spesso vengono autodiagnosticate da chi ne soffre a seguito di informazioni inattendibili ricevute da amici, conoscenti o fonti non professionali, come quelle trovate online. Non sono disponibili test validati per la loro diagnosi.
Purtroppo, diagnosi sbagliate di intolleranze possono portare a restrizioni alimentari non necessarie, che, se mantenute a lungo, rischiano di causare carenze nutrizionali e compromettere la qualità della vita. È quindi fondamentale rivolgersi a professionisti della salute per una diagnosi corretta e per gestire al meglio la propria alimentazione.

Intolleranza al lattosio

Il lattosio è uno zucchero presente nel latte e nei suoi derivati, come yogurt, formaggi freschi e molti prodotti industriali (sughi, creme ecc). Per essere digerito, deve essere scomposto dall'enzima lattasi in glucosio e galattosio, che l’intestino può assorbire.

Le persone intolleranti al lattosio hanno una carenza parziale o totale dell’enzima lattasi che impedisce di digerire il lattosio nel colon, dove viene fermentato dai batteri intestinali. Questo provoca gonfiore, crampi, flatulenza e diarrea, con sintomi che variano in intensità a seconda della quantità di lattosio ingerito e del livello di enzima presente.

L’intolleranza si manifesta spesso in adolescenza o età adulta, a causa della naturale riduzione della lattasi. In rari casi, è congenita e compare fin dall’infanzia. Può anche essere secondaria a patologie intestinali come la celiachia o il morbo di Crohn, e migliorare con la cura della malattia.

Per chi è intollerante, è importante evitare il lattosio. In Italia, i prodotti possono riportare l’etichetta “senza lattosio” se ne contengono meno di 0,1 g per 100 g/ml, mentre il latte e i latti fermentati possono essere definiti “a ridotto contenuto di lattosio” se ne hanno meno di 0,5 g per 100 g/ml. Questi prodotti contengono comunque glucosio e galattosio, derivati dalla scissione del lattosio.

Analogamente, ci sono alcuni individui intolleranti al fruttosio (zucchero presente nella frutta, nel miele, in alcune verdure, ma anche nello zucchero da tavola, bibite e dolci), a causa della scarsa presenza o dell’inefficacia della proteina addetta al suo assorbimento a livello della mucosa intestinale.

Intolleranza al glutine (o celiachia)

Si tratta di una patologia autoimmune che colpisce l’intestino. È scatenata, in soggetti geneticamente predisposti, dal consumo di una proteina chiamata gliadina, che a sua volta fa parte di un complesso proteico ben più noto, il glutine. Il glutine è presente in diversi cereali (come grano, segale, orzo e farro) e dunque in alimenti come pasta, pane, pizza, biscotti, ecc. Nella celiachia, il sistema immunitario attacca per errore la mucosa dell’intestino tenue in risposta alla presenza di gliadina, causando un’infiammazione cronica che porta alla scomparsa dei villi intestinali e al malassorbimento di nutrienti essenziali e a un deficit di enzimi digestivi (per esempio, la lattasi).
Si manifesta con:
• diarrea;
• gonfiore e dolore addominali;
• perdita di peso;
• rallentamento della crescita nei bambini.
Può dare:
• anemia;
• disturbi del ciclo mestruale;
• infertilità;
• afte orali ricorrenti;
• perdita dello smalto dei denti;
• in alcuni casi, causa una dermatite con vescicole pruriginose.
Similmente agli individui allergici, per condurre una vita normale i celiaci devono escludere tutti gli alimenti contenenti glutine dalla loro dieta. Oggi fortunatamente è disponibile un’ampia gamma di prodotti sostitutivi (pasta, pizza, prodotti dolciari e cereali senza glutine ecc.) acquistabili in farmacia, negozi specializzati o supermercati a costi più alti di quelli tradizionali. Il Servizio Sanitario Nazionale eroga alle persone con diagnosi di celiachia un importo mensile con i quali è possibile acquistare una serie di prodotti dietetici privi di glutine, iscritti nel Registro Nazionale degli Alimenti del Decreto dell’8 giugno 2001. Sulle etichette dei prodotti alimentari la dicitura «senza glutine» è consentita solo se il contenuto di glutine dell'alimento non è superiore a 20 mg/kg. Sul sito del Ministero della salute è presente un Prontuario degli alimenti , aggiornato annualmente, che registra tutti i prodotti alimentari erogabili gratuitamente. Invece, la dicitura «con contenuto di glutine molto basso» è permessa solo se il contenuto di glutine dell'alimento non è superiore a 100 mg/kg.

Intolleranza all’istamina

Sebbene non siano completamente definiti i meccanismi che determinano questa intolleranza le persone intolleranti all’istamina hanno probabilmente uno squilibrio tra l’apporto di questa sostanza con la dieta e l’eliminazione, determinato da una ridotta attività dell’enzima responsabile del suo metabolismo, la diamina ossidasi (DAO). L'ingestione di alimenti ricchi di istamina (alimenti sottoposti a processo di invecchiamento o fermentazione come insaccati, pesci freschi o in scatola, alcuni formaggi, vino rosso ed estratti di lievito di birra) o di alcolici o di farmaci che riducono la quantità di enzima DAO (ad es. amitriptilina, cimetidina, ciclofosfamide) può provocare un accumulo di istamina, che dà origine ai classici sintomi di un allergia: diarrea, cefalea, prurito, vampate di calore, congestione nasale, respiro sibilante, asma, calo della pressione, aritmia, orticaria. In maniera analoga, ci possono essere reazioni avverse anche alla tiramina (appartenente alla stessa classe dell’istamina: le amine vasoattive) contenuta in alcuni formaggi, vini rossi, e in salse derivate dalla soia, che induce in alcune persone un aumento della pressione, mal di testa, palpitazioni e vampate di calore e nausea. Purtroppo, mancano test diagnostici validati.

Diagnosi delle intolleranze alimentari

Come scoprire le intolleranze alimentari? Può essere un processo lungo e complesso, perché, a differenza delle allergie, non esistono test diagnostici affidabili per tutte le intolleranze. In molti casi, la diagnosi si basa sull’anamnesi del medico, che permette di raccogliere informazioni importanti sulla salute del paziente, sui suoi sintomi e sulle possibili cause, ed è fondamentale per distinguere intolleranze da altre condizioni o patologie come le allergie alimentari, le malattie gastrointestinali o i disturbi alimentari.
Poiché nelle intolleranze alimentari non è coinvolto il sistema immunitario, i test usati per diagnosticare le allergie non sono utili per identificare o escludere gli alimenti responsabili dei disturbi, ma solo per escludere la possibilità che i sintomi siano attribuibili a un’allergia alimentare.
• Per fare una diagnosi corretta, è fondamentale un approccio multidisciplinare, che coinvolge il medico di base o pediatra, l’allergologo, il gastroenterologo e il dietista. Un metodo utilizzato per la diagnosi è la dieta di eliminazione, che consiste nell'eliminare dalla dieta per 2-4 settimane gli alimenti che si sospetta siano la causa dei sintomi e, successivamente, nel reintrodurli gradualmente. Se i sintomi scompaiono durante l’eliminazione e poi ritornano quando si reintroducono gli alimenti, il sospetto di intolleranza si concretizza. Tuttavia, bisogna considerare anche l’effetto placebo (il miglioramento dei sintomi durante l'eliminazione) e l’effetto nocebo (il peggioramento dei sintomi quando si reintroduce l’alimento). Poiché le intolleranze sono dose dipendenti (cioè dipendono dalla quantità di alimento ingerito), con l’aiuto del dietista è possibile individuare la soglia di tolleranza individuale. Questo permette di creare una dieta personalizzata, che aiuti a mantenere i sintomi sotto controllo senza rinunciare a tutti gli alimenti sospetti. Si può ricorrere anche a un Diario alimentare: annotando cibi e sintomi, aiuta a individuare correlazioni tra dieta e malessere.

Test non affidabili
Sebbene su internet si trovino molti slogan che promettono di identificare facilmente con l’uso di svariati test la causa di quei problemi cutanei, respiratori o digestivi inspiegabili e che non trovano risposta nella medicina tradizionale, la realtà è ben diversa. Molte delle intolleranze alimentari di cui si parla frequentemente non possono essere diagnosticate con test affidabili. In particolare, ci sono test fai-da-te che si acquistano online o in farmacia: si tratta di kit di prelievo che il consumatore può fare autonomamente, spesso con un semplice pungidito. Si tratta di test che misurano gli anticorpi IgG specifici per determinati alimenti. La loro utilità nella diagnosi delle intolleranze è dibattuta. È importante discuterne i risultati con il medico.
Sono disponibili anche svariate tipologie di test che si effettuano in ambulatori di medicina naturale, olistica, nutrizione e alimentazione, ma che utilizzano tecnologie non scientificamente validate.
In tutti i casi, il consumatore salta un passaggio cruciale: il colloquio con il medico, che è essenziale per distinguere le intolleranze da altre condizioni o patologie. Senza l’anamnesi, la diagnosi rischia di essere inaccurata o incompleta.
Da anni gli esperti di allergologia mettono in guardia i consumatori sull’uso di questi test, in quanto sono un potenziale danno per la salute oltre che uno spreco di denaro. Tra le principali criticità rilevate vi sono:
• mancanza di razionale, validità scientifica o affidabilità diagnostica;
• disintermediazione del rapporto medico-paziente, che risulta nel ricorso a test diagnostici inappropriati e inutili;
• illusorie diagnosi di intolleranza o allergia che ritardano le diagnosi di eventuali malattie sottostanti o che instaurano convinzioni erronee, generando ansia e stress;
• interpretazione dei risultati lasciata ai consumatori, con informative parziali e fuorvianti, che portano a scelte alimentari, prese in autonomia, e che producono restrizioni inappropriate e controproducenti, diete sbilanciate, carenti e dannose (soprattutto per soggetti in crescita).
Inoltre, non va tralasciato che i costi dei test per le intolleranze alimentari sono a totale carico dei pazienti, e in molti casi superano le centinaia di euro.
Consultare un nutrizionista o un allergologo è fondamentale per una diagnosi accurata, escludendo altre patologie.

Vivere bene con le intolleranze alimentari: consigli pratici

Evitare l’autodiagnosi, consultando sempre il medico o uno specialista per diagnosi e gestione personalizzate
Informarsi su cottura e preparazione, che possono ridurre le sostanze responsabili delle intolleranze.
Comunicare le proprie intolleranze al ristorante o in eventi sociali
Leggere le etichette, verificando la presenza di allergeni o ingredienti problematici.

Etichettatura alimenti: obblighi e consigli

La normativa in vigore stabilisce che tutti gli ingredienti e le sostanze usate nella produzione di un alimento e ancora presenti nel prodotto finito, anche in forma modificata, che abbiano rilevanza allergologica (incluse le tolleranze) devono essere indicati nell’etichetta. Le sostanze e i prodotti che provocano allergie o intolleranze devono essere evidenziati nella lista degli ingredienti con un tipo di carattere che per dimensione, stile o contrasto con lo sfondo li differenzi dagli altri ingredienti.
Sapere come leggere le etichette è importante e, oltre alla completezza di informazioni, anche il modo in cui devono essere indicati ingredienti e coadiuvanti è normato dalla legge, in modo che non ci siano variazioni da prodotto a prodotto. Se si soffre di intolleranza si consiglia di leggere sempre le etichette degli alimenti che si acquistano:
• controllare la lista completa degli ingredienti presente nell’etichetta per sapere cosa contiene;
• fare attenzione agli additivi: gli additivi per legge devono essere indicati in etichetta con il nome della loro categoria - es. “conservanti” - seguita dal loro nome specifico oppure dal loro numero CE. Leggere con attenzione le diciture (anche minuscole) presenti sugli involucri dei cibi;
• controllare la presenza di allergeni: per legge devono essere obbligatoriamente evidenziati in etichetta. In caso di celiachia solo la dicitura “senza glutine” garantisce l’assenza di ingredienti contenenti glutine e di contaminazione.

Fonte
lab. la polla
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